martedì 3 giugno 2014

TARANTO...TURISMO o industria?

Negli ultimi giorni si fa un gran parlare della difficile situazione finanziaria in cui versa Ilva, mentre sempre meno spazio viene concesso alla difficile situazione in cui versa Taranto.
Tutti gli attori in gioco sembrano essere tarantolati, dimenanti figuri mossi dal "non sappiamo cosa fare", ove lo spasmo incontrollabile investe trasversalmente tutta la brigata. I sindacati, ad esempio, per ovvie ragioni opportunistiche, sono "sul chi va là" e, addirittura, si costituiscono "parte civile". Spettacolo puro.
I corridoi dei vari ministeri, strettamente interessati alla vicenda, sembrano essere una trasposizione al chiuso di Via della Conciliazione poco prima della canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, intasati all'inverosimile dai protagonisti nazionali e stranieri che si avvicendano nella difficile concertazione, "perché Ilva va salvata". Ed è proprio in mezzo a questa impressionante Babilonia che spunta il gruppo franco-indiano "ArcelorMittal", il padrone mondiale dell'acciaio che, a quanto pare, sembrerebbe interessato a mettere le mani sul colosso ionico, ma non senza la compresenza nazional-strategica della rediviva Marcegaglia, più impegnata a vigilare sugli ipotetici colpi di mano degli indiani che a "portare sostanza".
Un "gioco" interessante quanto prevedibile.

Eppure, al di là delle tante dichiarazioni di facciata, i nostri politicanti non vanno oltre l'auspicio. Quale? Quello di vedere garantita la produzione (secondo le collaudate logiche dei partiti nazionali), accompagnandolo con la solita canzone avente per titolo "dobbiamo coniugare ambiente, salute e lavoro".
Commozione!
Addirittura c'è chi mette tutta questa infausta faccenda sul piano della scommessa. Buon per chi ha ancora voglia di giocare...
Dunque, è evidente che si preferisca la vecchia strada alla nuova (scelta tipica di chi è privo di attributi o in malafede), scommettere su Ilva e non su Taranto, destinando alla prima risorse che, diversamente, potrebbero essere investite sulla città recuperandone il patrimonio e dotandola delle infrastrutture di cui è assolutamente orfana. Eppure le tante dichiarazioni sciorinate in pompa magna dai vari attori nostrani, in particolar modo nella recente campagna elettorale, non fanno altro che contemplare la parola "turismo". Quale? Dove?
Se i "nostri" rappresentanti, troppo impegnati in auspici e novene alla Madonna (nella speranza di poter continuare a spalare minerale), utilizzassero una parte del proprio tempo, "sacrificio" lautamente ricompensato da noi contribuenti, per visitare altre città o per esplorare saggiamente il web, forse si renderebbero conto di quali straordinari investimenti stiano riguardando altri contesti e di quale straordinaria opportunità avrebbe Taranto se soltanto si avesse il coraggio di osare!
Il piano di riconversione della città esiste, è estremamente articolato e comporta l'acquisizione di forza lavoro numericamente ben oltre quella impiegata nella grande industria locale. L'entusiasmo c'è, la condivisione democratica tra le forze cittadine anche, ed altresì l'interessamento da parte di investitori nazionali ed esteri.
Ma è tempo che la città decida cosa vuole diventare "da grande".
O TURISMO o industria!!!
Che sia chiaro!
L'industria turistica non è improvvisazione, ed in quanto tale si muove contemplando rigide regole dalle quali non si può e non si potrà mai prescindere, specialmente in un sistema globalizzato e fortemente competitivo come quello odierno, in cui le distanze si sono fortemente assottigliate grazie ad una mobilità dinamica. Regole che altrove conoscono bene e che sono state interpretate in maniera puntuale, decretando il successo di altre destinazioni che, inevitabilmente, non resterebbero a guardare qualora Taranto decidesse di "cambiare aria".
Ed è per questo che Ilva e consorelle non potranno mai, e sottolineo MAI, rientrare in un'ottica di compresenza in un territorio da restituire alla sua naturale vocazione turistica, in quanto antitesi del BELLO e quindi dissuasori per antonomasia. Non si compete nell'offerta turistica con le criticità, ma con le attrattive! Non a caso gli investitori italiani e stranieri, sedotti dalla suggestiva riconversione di Taranto, tremano dinanzi a questi bubboni descrepiti impostici e che nulla hanno a che fare con la Taranto del futuro. Di certo non possiamo biasimarli, non vi pare? Tredici milioni di metri quadrati di pura oscenità a ridosso della città non passano inosservati. E parliamo soltanto di Ilva...
Per cui, senza entrare nel tecnico, dato che non è questo il contesto ideale, invito i vari "scommettitori" a chiarirsi definitivamente le idee.
- Vogliamo continuare ad essere una città industriale? Male. Forse ce ne faremo una ragione. Forse no, e decideremo di andar via per offrire una opportunità ai nostri figli. Ma se questa dovesse essere la scelta (=imposizione), che nessuno di questi figuri si azzardi mai più a parlare di turismo!!! Taranto morirà e loro, assieme a tutti coloro che ne avranno avallato le scelte, ne saranno i responsabili.
- Vogliamo avviare la riconversione? Benissimo. Si cominci a tracciare un piano pluriennale di disinvestimento dell'area industriale, affiancandogli, contestualmente, quello relativo all'implementazione infrastrutturale che andrà a supportare il marketing territoriale, la valorizzazione urbana e i grandi eventi.
Taranto può voltare pagina, ma non esistono vie di mezzo! 
O TURISMO o industria!
Che i cittadini lo sappiano e prendano le distanze da scommesse e scommettitori "di acciaio, di petrolio e d' munnezz!!!". Per quanto mi riguarda, a coscienza vostra, avreste già dovuto farlo da un pezzo!

SI SCOMMETTE SOLO SU TAPAΣ!!! E SI VINCE!!!

Marco De Bartolomeo