venerdì 25 luglio 2014

"IL PESCATORE" UN RACCONTO DI CHRISTIAN SMIRAGLIA

SIAMO LIETI DI PROPORVI IN ANTEPRIMA L' ULTIMA FATICA LETTERARIA DEL GIOVANE AUTORE TARANTINO CHRISTIAN SMIRAGLIA, ISPIRATA AL MARE E AMBIENTATA NELLA NOSTRA CITTA' .

Un’altra notte passata al freddo, le mani tremano per la stanchezza, ingiallite dal troppo fumo, grandi e rugose, di chi lavora da una vita.

La luna si specchia sulle acque di questo piccolo mare, il cielo rosso porta un cattivo odore, quello sporco, di morte, l'odore del ferro. 

Gianni è su questa piccola barca, accende una sigaretta e dà fondo alla lenza, chissà, forse oggi pescherà qualcosa. Sono ormai anni che non si pesca più niente qui, ma questa notte lui è ottimista, forse è colpa del caldo vino che gli arrossa le guance, ma probabilmente è colpa della speranza, quella non muore mai. Si è costretti a sperare, è l'unica cosa che oggi non si paga, o forse no? Beh ci sono anche i sogni, ma quelli a settantacinque anni sono sbiaditi come i ricordi, come i volti dell'infanzia: quelli dei nonni, degli zii, degli amici ormai andati, ricordi di gesti, di sensazioni, che  rivivi con una fotografia, e con del buon vino.


La lenza è tesa, è arrivata al fondo, Gianni la lega ad un occhiello su quella piccola barca malandata. Allunga la mano per prendere una bottiglia di primitivo nella borsa, con l'altra si regge alla barca, scava un po' e poi la trova. Con la sigaretta in bocca svita il tappo e beve tutto d’un fiato, ne ammazza quasi metà.

La brezza notturna si fa sentire sulle vecchie ossa, la schiena è a pezzi. Sono settanta anni che pesca li, ma prima non era così: si vedeva la campagna sulla costa ricoprire la pianura, adesso c'è un mostro d'acciaio, le nuvole erano vere e bianche, non porpora e finte, la gente portava rispetto a chi come lui il pane lo guadagnava con il sudore, lo imitavano, lo spiavano nei movimenti per apprenderne i segreti... segreti... su quella parola un sorriso gli appare sul viso. Si tocca con le dita la cicatrice sul palmo destro, è profonda, è decisa, è colpa di Mario:

Mario è quel ragazzino che fino a pochi anni fa andava con lui a pesca, voleva imparare il mestiere del mare, riconoscere il maltempo dalle nuvole, portare il pane a casa per sua madre, per i suoi quattro fratelli. Il padre era un delinquente, e Mario questo lo sapeva bene, ha solo nove anni quando conosce Gianni giù al molo, ma lui lo conosceva da quando è nato, lui conosce tutti.

Quella sera, come tutte le altre sere, erano al largo, il mare si alzò all'improvviso, Gianni spingeva il motore della sua bagnarola al massimo per rientrare il prima possibile, disse a Mario di star fermo con quella rete, che l'avrebbe sistemata raggiunta la banchina, ma Mario era uno testardo. La costa s’intravedeva a malapena, la barca prendeva schiaffoni da prora, Gianni cercava con tutte le forze di controllare il timone, Mario si aggrappava un po' di qua e un po' di là mentre con il coltello tagliava le alghe impigliate nella rete, Gianni gli grida di star fermo, un forte colpo si sente sulla chiglia, la barca si alza prepotentemente, Mario fa un volo e cade in acqua, la barca si abbassa altrettanto velocemente, Gianni spegne il motore e si tuffa per cercare Mario. 

Attimi interminabili, di notte il mare non è altro che paura, nessuna luce, nessun suono, nessuna speranza. Gianni riemerge, cerca Mario tra le onde, il cuore batte a mille, vorrebbe gridare ma deve star calmo e cercare; ad un tratto un miracolo, forse, oppure solo una beffa del destino, ma Mario riemerge.

Gianni lo afferra dal colletto della maglia, lo trascina vicino la barca e lo aiuta a salire, lui fa lo stesso ma con un po' di fatica.

Attimi di terrore per entrambi, Gianni lancia un’occhiata a Mario, lui si siede in silenzio e Gianni ritorna al timone, lo afferra con la mano destra ma sente un forte dolore, la guarda ed è piena di sangue, in quel caos deve essersi tagliato da qualche parte; si strappa un pezzo di maglia, l’avvolge attorno alla mano, la costa è lontana, il mare continua ad alzarsi, ed è meglio non perder tempo. 

La lenza vibra leggermente, Gianni non se ne cura, beve un altro po’ di quel vino, questa volta è amaro e non disseta, sarà colpa del ricordo che sta per arrivare.

Mario è stato un figlio per Gianni, quel figlio che non ha mai avuto, quel figlio che fa mille domande, quello che vuole imparare tutto da te, quello che la mattina si alza ancor prima della sveglia per esser sempre pronto e non fare mai una brutta figura ai tuoi occhi, quello che ti fa venir voglia di andare avanti. 

Gianni alza lo sguardo al cielo, in cerca di una stella, Antares si vede perfettamente da qui. Anche oggi come sei anni fa brilla nel cielo, il vecchio pescatore è solo in balia dei ricordi. 

Mario non c'è, è morto una notte di sei anni fa a soli tredici anni. Poteva morire in balia delle onde, ma il destino si beffa di noi, gli piace vederci soffrire. 

Fino ad allora Gianni non pensava che un tumore potesse colpire anche i bambini. Qui però tutto è possibile, in questa città non c'è spazio per l'ingenuità, per l'infanzia. 

Gianni accende un’altra sigaretta, mentre il sorriso si spegne come il fuoco a s. Lorenzo, una lacrima scende lenta, l’asciuga via con la manica.

Sono passate ormai quattro ore, la lenza è sempre li, tesa e immobile, il vento è assente, sembra di essere sospesi nel tempo. La gente in città si chiede se non sia l'ora per il vecchio Gianni di andare in pensione e legare la barca al molo. Ormai è finito, il vecchio maestro adesso non è altro che il vecchio pescatore, quello che un tempo valeva, che un tempo portava a casa chili e chili di pesce, adesso è quello che ha troppa paura per andare al largo. 

Antares brilla sui pensieri del vecchio, adesso si rilassa sulla barca, il vino è quasi finito, la lenza dondola lentamente nelle profonde acque. Gianni è lì, come sempre da settantacinque anni, senza un soldo, senza più un sogno, senza più nessuno con cui poter parlare, solo la speranza gli resta, la speranza che il tempo passi e che possa rivedere Mario, ad aspettarlo al molo.

DI CHRISTIAN SMIRAGLIA