venerdì 18 luglio 2014

LE TASSE SULLA CASA? SONO INCOSTITUZIONALI !

A conti fatti oggi non conviene più essere proprietari di casa poiché le tasse, imposte dallo Stato, ai proprietari di immobili (anche se prima casa), nel corso del tempo, superano di molto l’effettivo valore del bene, alla faccia di tutti i sacrifici di una vita, anche attraverso la stipula di mutui ventennali.
Eppure la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancisce il diritto di ogni individuo ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della famiglia (con particolare riguardo al vestiario, all’alimentazione, all’abitazione, alle cure mediche, etc…) e senza andare al di là dei confini nazionali, la stessa carta costituzionale sancisce uguali diritti.

Ma, appunto, le garanzie rimangono sulla carta e, nei fatti, il meccanismo impositivo costruito dal governo rasenta forme di “pizzo legalizzato” o “ vero e proprio esproprio sulla proprietà privata”, che porta alle casse di Stato entrate per oltre 60 miliardi di euro l’anno.

Il Dossier stilato dal Servizio Studi di Montecitorio ha già nel 2012 evidenziato che il meccanismo di pagamento viola la riserva di legge sancita dall’art. 23 della Costituzione alle imposizioni fiscali. All’epoca si discuteva circa la rateizzazione in due o tre rate dell’Imu sulla prima abitazione. Invero  proprio alla luce delle disposizioni comunitarie e della costituzione, la tassa in sé, e non solo il semplice “modo di pagamento“,  non avrebbe dovuto essere riscossa perché illegittima ed incostituzionale.

Lascio a voi ogni considerazione circa l’applicazione paventata dell’aliquota più alta agli anziani, proprietari di abitazione, ritenuta tuttavia seconda abitazione (?) sol perché ospitati in case di riposo.
Si era convenuto, a seguito di accese discussioni, di dover modificare il sistema impositivo per ragioni di giustizia, direi sostanziale, se si pensa al trattamento iniquo riservato agli ospiti delle case di riposo … e non solo. Tuttavia tali modifiche avrebbero dovute essere contenute in un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro il 10 dicembre, che non è legge  e poiché la Costituzione riserva solo alla legge ogni regolamentazione relativa alle imposizioni fiscali si era delineato il primo profilo di incostituzionalità.

A dire il vero già la sola volontà di tassare ciò che, per definizione, è stato per anni il bene per eccellenza che ha convogliato gran parte dei risparmi dei cittadini è da brividi. Il tributo è infatti iniquo ed  in contrasto con le norme della costituzione, ad iniziare con l’obbligo dello Stato di tutelare il risparmio in tutte le sue forme, anche quando si presenti sottoforma di bene immobile, nonché col principio di uguaglianza e ragionevolezza.
A ben vedere lo stesso principio secondo cui il prelievo fiscale vada operato in maniera proporzionale alla capacità contributiva, ovverosia al redito prodotto, incontra limiti applicativi. E non è raro, oggi, anche a causa della grave crisi che ha colpito il Paese, che una persona, nonostante sia proprietaria di una abitazione, potrebbe non avere capacità contributiva poiché priva di lavoro. Eppure lo Stato anche in tal caso  impone il pagamento di una tassa.

È vero che lo Stato, nel continuo affanno di tenere il passo richiesto dall’Europa,  ha fame di soldi e lavora giorno e notte per inventarsi qualsiasi strumento volto ad  incamerare quanto più è possibile. In questa proficua attività richiede tasse, che non sanno nemmeno lontanamente di diritto, anche da quelle persone che, diamo per scontato, essere realmente prive di reddito,  senza dilungarsi sull’evasione fiscale, su chi cioè è ricco ma sembra povero,  che vale altro approfondimento.

Il rimedio a tale situazione iniqua viene dal caso concreto del singolo cittadino, quello coraggioso, disposto ad assumersi l’alea e le spese di un giudizio. Costui potrà decidere di non pagare, sia l’imu che ogni altro tributo sulla casa, attendendo l’avviso di accertamento. Dovrà poi opporlo dinanzi alla Commissione Tributaria competente per territorio, proponendo tutte le eccezioni del caso concreto e anche quelle di costituzionalità. Il giudizio dinanzi alla commissione tributaria verrà sospeso in attesa della decisione Consulta sull’incostituzionalità del tributo. Soltanto nel momento in cui la Corte Costituzionale venga investita della questione, potrà infatti pronunciarsi in merito.

A CURA DI ALESSIA SIMEONE